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> Alan Cathcart Prova La Suzuki Gsxr 1000 K6 Alstare Per Nickatana
Johnsy
  Inviato il: 02 novembre 2006, 18:20
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da: S. Egidio Monte Albino
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Max Biaggi deve aver tenuto le dita incrociate mentre firmava il contratto per la prossima stagione con il team Alstare Corona. GSX-R 1000 vincitrice del campionato mondiale 2005 con l’australiano Troy Corser quest’anno non ha brillato, quantomeno quanto i tifosi si aspettavano. Cinque delle 24 manche della stagione 2006 sono state vinte infatti dalla Suzuki, non sufficienti a strappare il titolo all’altro funambolico Troy: Bayliss si è infatti aggiudicato il mondiale in sella alla Ducati 999 ufficiale.

Per capire i motivi della debacle, abbiamo provato la 1.000 cc di Hamamatsu dopo l’ultima gara di campionato, a Magny Cours, perfettamente supportati dal team di Francis Batta. I problemi incontrati da Troy e che hanno anche causato delle cadute, sono stati lo scarso feeling offerto dal primo tratto di apertura del gas, cruciale nella delicata fase della percorrenza di curva e la tendenza a sfollare in staccata, soprattutto passando alla seconda marcia.
Il pilota durante la stagione si è lamentato in particolare di questi due aspetti, per cui non ci resta che salire in sella e scoprire se davvero la GSX-R 1000 ha perso la grande comunicatività che era il suo fiore all’occhiello la passata stagione.

Tanto spazio a disposizione, sensazione di pieno controllo e il freno posteriore al manubrio: è la classica configurazione in sella scelta da Troy Corser per tutte le sue moto da corsa. La sella lascia ampi spazi sia longitudinalmente sia in larghezza. Così il pilota può facilmente arretrare per compensare il sollevamento del retrotreno in staccata, o caricare la gomma posteriore in accelerazione, o ancora portare il peso sull’avantreno mentre si affronta la curva curva. Il freno al manubrio richiede molto allenamento per essere usato efficacemente.
Troy modula il suo intervento più per chiudere le traiettorie in percorrenza di curva che come ausilio nelle staccate.

La strumentazione è composta da un grande pannello LCD della MoTec sopra il quale è sistemata la “shifter light” che avvisa il pilota, raggiunti i 13.700 giri motore, del momento migliore per la cambiata. In realtà il suo intervento varia un poco a seconda della marcia inserita, per ottimizzare il cambio marcia prima di raggiungere i 14.200 giri, regime di intervento del limitatore. A sinistra dello schermo c’è l’interruttore che seleziona una delle tre differenti “mappe” dell’iniezione disponibili.
Dietro questo pulsante c’è la “porta” per scaricare i dati acquisiti, mentre a sinistra della luce di cambiata c’è l’ingresso per rimappare l’ECU di bordo. Subito a destra troviamo i pulsanti per la visualizzazione dei dati contenuti nelle 4 pagine salvate dal computer dell’acquisizione dati, mentre sul manubrio destro c’è il pulsante che comanda l’intervento del limitatore di velocità per la corsia dei box. L’ultimo pulsante, montato sul manubrio sinistro sopra la leva del freno posteriore, è quello che gestisce l’intervento del freno motore: sono sei le opzioni selezionabili dal pilota, a seconda delle condizioni del tracciato e dell’usura delle gomme. Una consolle Xbox non è altrettanto affollata di comandi…

La leva del freno anteriore è vicinissima al manubrio, perché Corser vuole mantenere la presa mentre controlla con due dita la staccata. Abbiamo chiesto all’ingegnere di pista di Troy, Giacomo Guidotti, il motivo della presenza di un grande foro sull’estremità della leva del freno, pensando fosse parte della ricerca maniacale del massimo alleggerimento o un accorgimento per la rottura “programmata” della leva stessa in caso di caduta, in modo da preservare integra la pompa.
Le parole di Guidotti ci hanno lasciato di stucco: “Alla fine del rettilineo di Valencia abbiamo rilevato una pressione di 0,5 bar nel circuito frenante anteriore, dovuta alla spinta del vento della corsa sulla leva. In parole povere, la moto stava frenando! Per evitare questo effetto abbiamo forato la sua estemità, dove il vento faceva sentire la sua azione”.

Una delle caratteristiche del motore Suzuki, dovuta in gran parte alla scelta di una corsa più lunga rispetto ai concorrenti, era l’erogazione della potenza, così fluida che quasi non si avvertivano picchi di sorta lungo tutto il range di utilizzo del motore.
La moto di quest’anno non ha perso questa caratteristica, ma tutto si è spostato più in alto. In sostanza, se sulla K5 il 4 cilindri spingeva forte fin dai 5.000 giri, ora bisogna attendere i 7.000 per ottenere lo stesso effetto, e i 10.000 giri perché la potenza diventi veramente esplosiva, circa 1.000 giri in più rispetto alla Suzuki del 2005. Il cambio elettronico ci è parso ancor più morbido negli innesti rispetto a quello dell’anno scorso e nonostante tutte le nostre prove non siamo riusciti a notare i problemi in scalata rilevati da Troy.

Sicuramente può dipendere da come viene utilizzato il cambio e durante una gara può capitare di non caricare a sufficienza la leva di innesto e quindi incappare in una brusca sfollata. In ogni caso la progressione del motore è resa ancor più incisiva dal nuovo cambio montato quest’anno, e anche se la luce di cambiata lampeggia 3.700 giri più tardi rispetto al motore ’05, si ha un range di utilizzo molto ampio, vista la maggior propensione a girare in alto.
L’altro aspetto rilevato da Corser e cioè la risposta brusca alle piccole aperture del gas, è invece molto sensibile e davvero disturba in percorrenza di curva. In sostanza la moto spinge e “tira indietro” scomponendo parecchio l’assetto e la linea impostata. Questo è dovuto a diversi fattori, tra cui l’eliminazione di una delle due valvole a farfalla di cui è dotato ogni cilindro accorgimento atto ad aumentare la potenza massima in alto, perdendo però della progressione di intervento ai medi regimi.

In più per regolamento non è stato possibile intervenire sull’albero motore, che l’anno scorso veniva appesantito sul bordo delle mannaie con inserti in metallo ad alto peso specifico.
L’albero “leggero” non ha quell’effetto volano che smorza le brusche spinte dei pistoni, sporcando quindi la fase iniziale della spinta. In compenso proprio per la presenza di un albero motore leggero è migliorata l’accelerazione, dove il motore della GSX-R 1000 brilla sugli avversari.

Il segreto della ciclistica della Suzuki è l’estrema maneggevolezza, che le consente di correre velocissima nelle “esse”, abbinata ad una stabilità a tutta prova il che ha permesso a Corser di disegnare precisissime traiettorie sui curvoni più veloci del mondiale superbike. Abbiamo notato che rispetto alla moto del 2005 il retrotreno è stato abbassato, e a darci la spiegazione di questo è lo tesso Troy: “Le gomme Pirelli hanno una carcassa molto rigida che fa lavorare poco il pneumatico per ottenere più grip quindi abbiamo trasferito parte del peso sul posteriore. La differenza è che ora i kg sono ripartiti al 50 % sui due assi mentre l’anno scorso eravamo al 48 % sull’anteriore e 50 % sul retrotreno”.

La modifica non ha inficiato la velocità nei cambi di inclinazione e anche le Showa tarate molto sul soffice non limitano la prestazione nelle veloci successioni di curve. La scelta di un set-up centrato sul soffice è dovuta anch’essa alla rigidità delle coperture italiane: dato che le gomme hanno una scarsa capacità ammortizzante, tutto il lavoro deve essere svolto dalle sospensioni. L’attento lavoro di affinamento dei tecnici Showa ha permesso, con la scelta oculata delle tarature dell’idraulica, di contenere i trasferimenti di carico anche nelle staccate più violente e anche nelle frenate più impegnative di Magny Cours l’assetto della Suzuki è stato molto efficace.
Il freno motore era stato settato sulla posizione 2 delle 6 disponibili (la 4 e la 5 sono per il bagnato, la 0 è, appunto, zero freno motore), e se nei primi giri non abbiamo tenuto un passo tale da far intervenire il sistema, in quelli seguenti abbiamo apprezzato l’aiuto offerto che elimina del tutto il “chattering” del posteriore.

L’elettronica, il software e molti componenti del freno motore elettronico, che lavora in simbiosi con la frizione antisaltellamento, sono stati molto evoluti rispetto a quelli da noi provati l’anno passato, consentendoci di staccare un tempo di 1 secondo inferiore, sullo stesso circuito. Insomma, non vediamo l’ora che venga trasferito sulle moto di serie! Max Biaggi forse dimostrerà di essere il primo pilota di MotoGP che si adatta con successo alla Superbike e se c’è un team e soprattuto una moto in grado di appoggiare la sua impresa nel miglior modo possibile sono l’Alstare Corona e la GSX-R 1000!

da: www.motonline.com


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